la parola del mese

Da Gennaio 2017 abbiamo deciso di utilizzare l’immagine del profilo facebook della nostra pagina come glossario di approfondimento dedicando ogni mese ad una parola o ad una tematica differente.

Questo è un semplice esempio di come cerchiamo di utilizzare ogni portale per informare e sviluppare contenuti.

Se hai delle idee o dei suggerimenti non esitare a contattarci, ogni input è sempre ben accetto!

2017

2018

La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia

Il principio d’uguglianza e di non–discriminazione costituisce un elemento fondamentale della protezione dei diritti umani. È garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (articolo 14) ed è stato rafforzato dal Protocollo no 12 a tale Convenzione che vieta qualunque forma di discriminazione dalle autorità pubbliche per qualunque motivo. 

Nel 1973 l’American Psychiatric Association (APA) ha rimosso l’omosessualità
dalla lista di patologie mentali incluse nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali (DSM), e ha introdotto la definizione dell’omosessualità come “variante non patologica del comportamento sessuale”, riconoscendo la stessa suscettibilità alle patologie
sia in persone omosessuali che eterosessuali.

Il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
rimosse definitivamente l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali
nella classificazione internazionale delle malattie.
Il 17 maggio 2004, 14 anni dopo quella storica decisione,
Louis-Georges Tin, curatore del Dictionnaire de l’homophobie ideò
la prima Giornata internazionale contro l’omofobia.
Ci vollero ancora 3 anni prima che la Giornata venisse riconosciuta ufficialmente: il 17 maggio del 2007 l’Unione europea condannò pubblicamente
ogni atto discriminatorio nei confronti degli omosessuali
promuovendo la ricorrenza per il 17 maggio di ogni anno.

La Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia
(o IDAHOBIT, International Day Against Homophobia, Biphobia and Transphobia) oggi è celebrata in più di 130 paesi, 37 dei quali in cui gli atti omosessuali
sono ancora illegali, con 1600 eventi segnalati da 1280 organizzazioni nel 2014. Queste mobilitazioni uniscono milioni di persone
a sostegno del riconoscimento dei diritti umani per tutt*,
a prescindere dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere.

Il termine omofobia (che deriva dal greco όμός = stesso e φόβος = timore, paura)
significa letteralmente “paura nei confronti di persone dello stesso sesso”.
La sua interpretazione da parte dello psicologo George Weinbergutilizza il suffisso “fobia”, sinonimo di paura, insieme al prefisso “omo”, che qui perde il suo significato originario di “stesso” per trasformarsi nell’abbreviazione di “omosessuale”, per definire la paura irrazionale, l’intolleranza e l’odio nei confronti delle persone omosessuali da parte della società eterosessista.

In genere il termine clinico “fobia” indica una paura, un’incapacità, un limite personale, che il singolo individuo si trova a vivere e che cerca di superare per condurre un’esistenza più piena. Nel caso dell’omofobia, invece, per citare ancora Weinberg, ci troviamo di fronte a una “fobia operante come un pregiudizio”.

Tale caratteristica implica che gli effetti negativi siano avvertiti non solo (e in questo caso non tanto) da colui che ne è affetto, quanto da coloro verso cui questo pregiudizio è rivolto.

Omofobi si nasce o si diventa?

È importante ricordare che non si nasce omofobi;
lo si diventa attraverso l’educazione, i messaggi, diretti e indiretti, che la famiglia, la politica, la Chiesa e i media, ci trasmettono.
Fin da bambini tutti noi acquisiamo convinzioni e valori che ci vengono presentati
come assolutamente giusti e legittimi. Molto prima, dunque, di avere una reale comprensione di cosa significhi la parola omosessualità, ereditiamo, da una cultura omofoba, la convinzione che essere gay sia qualcosa di assolutamente sbagliato, innaturale e contrario alle norme del vivere comune.
Molto dipende anche dal posto antropologico in cui nasciamo e cresciamo.
Nei paesi a prevalenza cattolica come l’Italia (non a caso uno dei pochi paesi occidentali dove ancora non c’è alcun riconoscimento delle coppie dello stesso sesso),
la Chiesa esercita un’alta ingerenza sulle famiglie, sulla politica e sulla capacità legislativa conseguente. E la posizione ufficiale della Chiesa cattolica rispetto agli omosessuali
è di accoglienza, solo a patto che gli omosessuali rinneghino se stessi, riconoscendo
il disordine e il male della propria condizione di vita e accettando la castità e la costrizione come elemento permanente dell’intera loro esistenza.
Questo tipo di pressione morale, così pervasiva, non può non sfociare nell’omofobia interiorizzata (quell’insieme di sentimenti negativi come ansia, disprezzo, avversione
che gli omosessuali provano nei confronti dell’omosessualità, propria e altrui) al punto che l’incidenza statistica dei suicidi è elevata tra gli omosessuali adolescenti,
soprattutto se credenti.
Anche i media trasmettono messaggi ambigui e omofobi, attraverso la censura di scene
di sesso omosessuale (anche senza nudo), o la tolleranza e lo spazio concesso a chi, cardinali o politici, promulga messaggi falsi e offensivi come l’equazione gay=pedofilo (il 95% dei pedofili è eterosessuale).
Lo stesso difficile cammino parlamentare della legge contro l’omofobia è testimonianza
di quanta resistenza vi sia nel prendere atto e contrastare con efficacia un fenomeno reale e consistente di pregiudizio e discriminazione a danno delle persone omosessuali.

In aggiunta a tutto questo, va considerato che la paura del “diverso” è qualcosa di radicato nell’animo umano. Nella storia del mondo è successo più volte che individui o gruppi sociali che si differenziavano dalla maggioranza dominante, ad esempio per il colore della pelle, per il credo religioso, per il sesso, siano stati vittime di fenomeni di oppressione, di un atteggiamento generalizzato di diffidenza o disprezzo. Per di più, va considerato che i cambiamenti sociali a cui assistiamo (maggiore integrazione razziale, maggiore visibilità degli omosessuali, legalizzazione dei matrimoni gay in larga parte del mondo occidentale) possono stimolare ulteriormente la paura del cambiamento e rendere, perciò, alcuni individui più sospettosi e ostili e, quindi, più inclini a sviluppare sentimenti omofobici.
Naturalmente, come per altre forme di pregiudizio (razzismo e sessismo in primis), un fattore di rilievo perché un individuo sia omofobo è costituito da una componente personale di chiusura mentale e rigidità.

Quindi, per riassumere, diremo che l’omofobia scaturisce da tutti quei messaggi negativi nei confronti degli omosessuali, frutto dell’educazione che abbiamo ricevuto, che dipende ovviamente non solo dalla nostra singola famiglia, ma anche dal posto antropologico in cui siamo nati e cresciuti e dalle principali istituzioni della nostra società, quali la scuola, lo Stato e la Chiesa. Tali messaggi negativi formano quelle che in psicoterapia si chiamano credenze intermedie, cioè gli atteggiamenti con cui ci approcciamo al mondo, le regole con cui viviamo, le assunzioni che abbiamo.

Per omofobia interiorizzata si intende quell’insieme di sentimenti negativi (ad esempio ansia, disprezzo, avversione) che gli omosessuali provano nei confronti dell’omosessualità, propria e altrui, cioè verso i sentimenti omoerotici, i comportamenti omosessuali, le relazioni tra persone dello stesso sesso, l’autodefinizione come gay o lesbica.

 

DA COSA È CAUSATA L’OMOFOBIA INTERIORIZZATA?

L’omofobia interiorizzata è frutto dell’accettazione passiva (consapevole e soprattutto inconsapevole) da parte delle persone omosessuali, di tutti i pregiudizi, i comportamenti e le opinioni discriminatorie tipici della cultura omofoba in cui siamo immersi e incide profondamente, come agente patogeno, sul benessere delle persone omosessuali.

Già a partire dai percorsi educativi, in senso scolastico e in senso lato, degli ultimi 50 anni, non c’è mai stato un approccio neutrale all’omosessualità. Mai qualcuno, a scuola, ha spiegato con naturalezza che alcune persone sono omosessuali. Al contrario, quando non è stata esplicitamente condannata, l’omosessualità è sempre stata rimossa, nascosta, negata. Ciò ha portato gay e lesbiche a rinunciare a se stessi, in diversa misura.

Da quando nasciamo, i nostri genitori prima e la società poi ci bombardano con messaggi educativi, che sono delle vere e proprie frecce che si vanno a conficcare nella nostra mente. La prima è che dobbiamo rispettare e obbedire a un’autorità superiore (famiglia, poi scuola, e infine Chiesa e Stato). La seconda è che il sesso è peccato (e quindi il sesso “contro-natura” è doppiamente peccato). E poi impariamo che i gay sono effeminati e le lesbiche mascoline, che i gay non sono veri uomini, che gli omosessuali si possono deridere, insultare ed eventualmente picchiare, che “frocio” è un insulto mille volte peggiore di “stronzo”.

L’ostilità appresa, non solo nell’interazione diretta tra le persone, ma anche attraverso i media, fa sì che la formazione e l’asserzione della propria identità sessuale costituiscano per l’individuo gay e lesbica un processo estremamente impegnativo.

QUANTO È DIFFUSA E COSA PUÒ DETERMINARE?

Nella nostra società, considerato il grado di omofobia sociale che ci circonda, atteggiamenti omonegativi da parte delle persone omosessuali in qualche periodo della propria vita sono purtroppo ricorrenti.
Gay e lesbiche possono essere poco coscienti di come l’esposizione costante alla cultura omofoba possa colpire il loro essere in modo pervasivo, incessante e a diversi livelli. Inoltre il grado di omofobia interiorizzata varia da persona a persona, in base a fattori di diverso ordine: fattori sociali (come l’ambiente socio-culturale in cui la persona omosessuale vive), fattori familiari (l’omofobia più o meno spiccata della propria famiglia di origine) e tratti di personalità. Ovviamente, in questo contesto, sono stati fattori aggravanti, almeno fino all’avvento di Internet, l’isolamento e la mancanza di informazione e di modelli positivi, che hanno impedito agli individui omosessuali di conoscere in modo adeguato il mondo circostante.
L’omofobia interiorizzata può avere un impatto profondo sull’individuo, facendolo sentire sbagliato e causando bassa autostima, difficoltà relazionali, isolamento e autoesclusione sociale, sensi di colpa e vergogna, sintomi di tipo depressivo o ansioso, angoscia. Tutto ciò può sfociare in pensieri suicidi e attività ad alto rischio (ad esempio, sesso non protetto o abuso di alcool o sostanze stupefacenti).

COME SI PUÒ AFFRONTARE IL TEMA DELL’OMOFOBIA INTERIORIZZATA?

Il primo passo per guarire dalla propria omofobia interiorizzata è prendere consapevolezza della sua esistenza, essere coscienti che si tratta di una problematica importante da affrontare. La persona omosessuale deve pertanto imparare a vedere i pregiudizi che ha metabolizzato nel corso della propria esistenza e che possono condizionare i suoi pensieri e le sue scelte.

In questi casi, può essere di grande aiuto una psicoterapia cognitivo-comportamentale, con un terapeuta che conosca a fondo queste tematiche.
Crescere e vivere da persona LGBT in Italia è molto diverso che crescere da eterosessuale, il terapeuta deve essere informato sulle sfide specifiche che l’individuo LGBT si trova ad affrontare.

ED.DI. Una Panchina Speciale

Il 17 maggio, in onore della Giornata internazionale
contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia,
l’Associazione di Promozione Sociale contro le Discriminazioni “Un Secco No” in collaborazione con l’Unità Centro donna e Pari Opportunità
presenta ED.DI., un progetto di sensibilizzazione
rivolto alla prima infanzia, ispirato alla Buddy Bench
ovvero la Panchina dell’Amicizia.

ED.DI. é una panchina che si racconta alle bambine e ai bambini
attraverso un libro illustrato che associa ciascun colore che la caratterizza alle emozioni che portano a isolamento e chiusura, permettendo quindi ai
bambini di riconoscersi in quegli atteggiamenti e di creare quella pura base di empatia in grado di trasformare ED.DI. sia in una zona di comfort
che in un input di ascolto e di integrazione per chi sedut* su ED.DI. aspetta un segno di inclusione.

Un incontro rivolto alle bambine e ai bambini della città,
ai genitori, alle maestre e ai maestri che vorranno
scoprire ED.DI. e le sue colorate emozioni.

Evento a cura di:
Associazione “Un Secco No”
In collaborazione con:
Centro Donna Forlì
Assessorato alle Pari Opportunità Comune di Forlì

Comfort Zone

L’Associazione di Promozione Sociale Contro le Discriminazioni “Un Secco No con il Patrocinio dell’Assessorato alle Pari opportunità del Comune di Forlì, propone una serata di ascolto e di confronto, aperto ed inclusivo per
tutt*.

Una condivisione di esperienze, interventi, proposte, idee per costruire insieme la nostra zona di comfort, progettando una rete virtuosa sul
territorio, per comprendere l’importanza che ognun* di noi ha ogni giorno nella propria quotidianità, per l’abbattimento di tutte quelle silenziose barriere
costruite dagli stereotipi di genere e fomentate dalla imperturbabilità con cui troppo spesso ci de-sensibilizziamo da ciò che ci circonda. Per reagire.

Diventando quindi un incontro, un workshop di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza ai temi delle pari opportunità con l’obiettivo di aprire un tavolo di confronto per la promozione di azioni di contrasto alle discriminazioni attraverso la raccolta di idee, suggerimenti, contributi e proposte e sono rivolti alla cittadinanza tutta.
Le tematiche vertono su politiche di genere, materie psicologiche, materie giuridico-legali.

 

#lottomarzo a Forlì

Lotto marzo, accogliendo l’invito delle argentine di NiUnasMenos,
in diverse parti del mondo le donne si mobiliteranno
per il primo “sciopero delle donne globale”.
Vorremmo che questo 8 marzo in Italia e a Forlì
si concretizzasse in una vera e propria mobilitazione:
vogliamo mettere in atto azioni simboliche
di astensione dal “nostro ruolo di donne”
di cui la società fa comodamente uso e abuso
per affermare lo slogan:
“Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo”.
Resteremo al sole delle piazze a goderci la primavera
che arriva anche per noi
a dispetto di chi ci uccide per “troppo amore”;
di chi, quando siamo vittime di stupro,
processa prima le donne e i loro comportamenti;
di chi “esporta democrazia” in nostro nome
e poi alza muri tra noi e la nostra libertà.
Di chi scrive leggi sui nostri corpi;
di chi ci lascia morire di obiezione di coscienza.
Di chi ci ricatta con le dimissioni in bianco perché abbiamo figli o forse li avremo;
di chi ci offre stipendi comunque più bassi degli uomini a parità di mansioni…

Sarà quindi uno “sciopero dai ruoli imposti dal genere”
in cui mettere in crisi un modello produttivo e sociale che,
contemporaneamente, discrimina e mette a profitto le differenze.
A cento anni dall’8 marzo 1917, torneremo in strada in tutto il mondo,
a protestare contro la guerra che ogni giorno subiamo sui nostri corpi:
la violenza fisica psicologica culturale ed economica.

Parole e Idee in Circolo

Un martedì al mese per 4 appuntamenti con integrAzione,

La prima rete sul territorio romagnolo (aree di Cesena, Forlì, Faenza e Ravenna) che offre percorsi di consulenza ed assistenza specialistica, psicologica, legale e multidisciplinare, da parte di professionisti sensibili e formati sulle tematiche LGBT+.

Individui coppie e famiglie attraverso “integrAzione” hanno l’opportunità di rivolgersi a professionisti formati ed orientati ad accogliere le loro richieste, senza il timore di scontrarsi con preconcetti ed atteggiamenti discriminatori.

“Parole e idee in circolo” è un’occasione per confrontare le esperienze, chiarire dubbi e di approfondire aspetti legati al rapporto tra identità, orientamento sessuale e tessuto sociale.

Martedì 28 Febbraio: attraverso le voci dei
partecipanti si indagheranno le tematiche sentite
come più significative, oggetto di approfondimenti
nei successivi appuntamenti.
Martedì 14 Marzo:“COME CI RAPPORTIAMO CON IL MONDO DEL LAVORO?”
Martedì 18 Aprile: “COME CI RELAZIONIAMO CON
LE ALTRE PERSONE?”
Martedì 16 Maggio: incontro dedicato alle curiosità
e ai dubbi nei confronti dei quali si vorrebbero avere
approfondimenti o un’opinione professionale, di
stampo giuridico o psicologico.
I professionisti di integrAzione risponderanno ai
quesiti posti, traendone spunto per stimolare un
confronto all’interno del circolo.

Evento a cura di:
Associazione “Un Secco No”
In collaborazione con:
Assessorato alle Pari opportunità del Comune di Forlì
IntegrAzione

TAVOLA ROTONDA RETE RE.A.DY.

Sabato 17 novembre alle ore 15.00 presso Palazzo Romagnoli

Iniziativa di presentazione dell’adesione da parte del Comune di Forlì alla RETE RE.A.DY. attraverso una tavola rotonda con l’intervento di Marco Giusta, Assessore alle Pari Opportunità del Comune Promotore delle Rete, Torino, il Dottor Carlo Tomasetto (Ricercatore in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso CSGE-Centro Studi sul Genere e l’Educazione), laDott.ssa Giulia Roberta Civelli (Responsabile dell’Unità Centro Donna e Pari Opportunità di Forlì), l’Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Forlì Elisa Giovannetti, alcun* rappresentant* della rete integrAzione, costituita in collaborazione con l’Associazione di Promozione Sociale “un secco no” per garantire al territorio un servizio in grado di offrire consulenza di tipo giuridico e psicologico, con particolare attenzione alle tematiche LGBTQI.

Cos’è la  RETE RE.A.DY. Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere

In questi ultimi anni diverse amministrazioni locali e regionali hanno avviato politiche per favorire l’inclusione sociale delle cittadine e dei cittadini LGBT (persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali/transgender), sviluppando azioni e promuovendo atti e provvedimenti amministrativi per contrastare le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. In Italia, infatti, come confermano le più recenti indagini statistiche nazionali (La popolazione omosessuale nella società italiana, Istat, 2010) le persone LGBT vivono situazioni di discriminazione nei diversi àmbiti della vita familiare, sociale e lavorativa a causa del perdurare di una cultura condizionata dai pregiudizi. Risulta pertanto essenziale l’azione delle Pubbliche Amministrazioni per promuovere, sul piano locale, politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone LGBT, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi. Su questi presupposti nel novembre del 2005 si è svolto un primo incontro, all’interno del COM.PA di Bologna, come momento di confronto fra le Pubbliche Amministrazioni; nel maggio del 2006, in un successivo incontro al FORUM P.A. di Roma, è stata annunciata l’intenzione da parte dei Comuni di Roma e Torino di promuovere una Rete nazionale per sviluppare azioni e diffondere buone prassi finalizzate al superamento di ogni discriminazione nei confronti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender. Sono stati i primi passi che nel giugno del 2006 a Torino hanno portato i rappresentanti di diverse Pubbliche Amministrazioni ad incontrarsi per definire una Carta di Intenti, contenente le finalità, gli obiettivi e le azioni della nascente Rete. E’ la prima volta in Italia che gli Enti Locali e Regionali si mettono in rete per promuovere culture e politiche delle differenze e sviluppare azioni di contrasto alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, e alla Rete RE.A.DY guardano con attenzione anche istituzioni internazionali, in particolare l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA).

La Rete ha fra i suoi obiettivi quello di valorizzare le esperienze già attuate e adoperarsi perché diventino patrimonio comune degli Amministratori pubblici locali e regionali italiani. Cerca di farlo con una struttura leggera, orizzontale e partecipata, e invita tutti i partner a contribuire in modo attivo alla sua gestione e al suo sviluppo, promuovendo sinergie locali, utilizzando e valorizzando le risorse già esistenti, impegnandosi nella promozione e diffusione di buone prassi sul territorio. Possono aderire alla Rete, attraverso propri rappresentanti legali o i loro delegati, le Regioni, le Province Autonome, le Province, i Comuni e le Associazioni di Enti Locali; possono inoltre aderirvi le Istituzioni e gli Organismi di Parità.

Per aderire è necessario che l’Ente sottoscriva la Carta di Intenti, che definisce finalità, compiti e organizzazione della Rete.

Il Comune di Forlì dal 2016 risulta partner di RE.A.DY. dopo una proposta adesione da parte dell’Associazione di Promozione Sociale contro le discriminazioni “Un Secco No” con il sostegno dell’Assessora alle Pari Opportunità del Comune di Forlì, E. Giovannetti.

 

gender stories


Storie di violenza legate al genere, alla sessualità e agli stereotipi di etero normatività

COSA È VIOLENZA DI GENERE? 
Ognuno di noi, sia che si identifichi o che venga identificat* con il genere donna (a prescindere dai genitali), sia che non si identifichi con gli stereotipi dicotomici di etero-normatività, ha vissuto storie di violenza, sia essa fisica o psicologica, caso unico o reiterata nel tempo.

Attraverso narrazioni anonime* (da inviare via e-mail a: genderstories2016@gmail.com) o dichiarate, attraverso qualsiasi forma sia più congeniale per le persone che narrano – poiché non è mai semplice raccontare le proprie storie di violenza – questo evento vuole raccogliere e raccontare le nostre storie e analizzare e dibattere sulle molteplici forme e dimensioni di un fenomeno estremamente diffuso ma purtroppo ancora troppo normalizzato e invisibilizzato.

*Questo evento è itinerante e verrà riproposto dal collettivo Coming Out di Rimini il 30 Novembre presso Grotta Rossa | Via della Lontra 40 – 47923 Rimini (RN)

Lei disse sì

Nel romantico chiostro dei musei del San Domenico a Forlì, decidiamo di riproporre alla città la proiezione del video-documentario “Lei disse sì” , il racconto di due donne che si amano, un frammento di Italia, di boschi e laghi svedesi, una festa dove il menù di nozze è a base di diritti civili.


Un evento a cura di “Fuorileparole”, la campagna di sensibilizzazione per far conoscere l’importanza del coming out dentro e fuori il mondo LGBT* nata dalla collaborazione tra l’Associazione di Promozione Sociale “Un Secco No” e “Arci Forlì patrocinata dal Comune di Forlì.